LA FESTA DEL PATRONO
di Linda Di Stefano
Tutto il corso era gremito di gente. Come al solito la festa del Patrono veniva festeggiata in pompa magna con un sovrannumero di venditori di semenza e noccioline, commercianti di cianfrusaglie venuti dai paesi vicini e l’immancabile presenza del luna park, fornito quest’anno di nuove attrattive. A parte questo, niente di nuovo, da anni tutto si ripeteva allo stesso modo, non mancavano neanche le gomitate e le spinte per farsi largo. «Perché?» Vi chiederete voi. E’ semplice, non vi è festa senza folla e questo era l’evento più assiepato di tutti con l’aggravante che le strade erano strette e di anno in anno sembravano rimpicciolirsi sempre più. «Com’è possibile?» Vi chiederete ancora voi. E’ possibile, è possibile. Non dimenticate che in questo paese, con le nuove costruzioni o ristrutturazioni , per rendere più spaziosa la propria casa o per il gusto di ‘’fregare’’ si sottraeva qualche centimetro alla strada. Mi direte che da voi non è così, ma che volete, ogni paese ha le sue ‘’usanze.’’ La folla di quest’ anno sembrava una fiumana. Il chiasso era enorme, venditori di dischi a destra e a manca facevano suonare contemporaneamente le musiche più svariate, dalle tarantelle ai pezzi di Bellini che servivano a stordire ancor di più i già stanchi passeggiatori. Buona parte della festa i consisteva nell’andare avanti e indietro per il corso, naturalmente con l’abito elegante e le scarpe nuove nel tentativo di farsi notare e di fare bella figura. Vana illusione! Con quel traffico ognuno era talmente occupato a cercare qualche spazio vuoto per poter proseguire, che nessuno pensava ad osservare gli altri. Questa, infatti, era l’unica occasione in cui la gente si faceva i fatti propri. Si procedeva zigzagando, strisciando contro i muri o addirittura corpo a corpo per arrivare alla fine del corso e ricominciare daccapo. Tutto questo succedeva intanto che si aspettava l’uscita del Santo dalla Chiesa per poi seguire devotamente la Processione. Certo che questo Santo tardava a uscire! Ormai si camminava da tre ore, i piedi cominciavano a gonfiarsi, i più anziani tentavano di trovare rifugio in un bar mentre i più arditi cercavano di ignorare la stanchezza pizzicando semenza e sgranocchiando torroni, ma era evidente che tutti tolleravano quell’attesa stoicamente facendo finta di nulla e mostrando larghi sorrisi. Chi arrivava in ritardo e più fresco iniziava la sua passeggiata con entusiasmo salutando tutti indistintamente, parenti, amici e conoscenti, al secondo giro solo amici e parenti, al terzo solo amici, in seguito solo un cenno col capo ed infine ci si girava dall’altra parte facendo finta di non accorgersi di chi stava al lato opposto della strada. L’uscita del Santo arrivava infine come una liberazione, ma sfortunatamente a questo punto la folla, che prima occupava tutto il corso, adesso si accalcava in un unico punto per seguire la processione sempre più stanca e dolorante a causa delle vesciche ai piedi. La processione proseguiva in modo disordinato nonostante il disperato tentativo dei vigili di mettere ordine tramite richiami, spintoni e sgridate, ma comunque, per la gioia di tutti, alla fine arrivò a destinazione. La festa però non si concluse con l’entrata del Santo, ma si continuò a passeggiare in attesa dei fuochi d’artificio. Quello che però dava nell’occhio era che una delle piazze appariva semivuota, non c’era calca. Lì infatti una banda, venuta chissà da dove, stava cercando di attirare l’attenzione di qualcuno per avere un po’ di pubblico e suonare qualche pezzo di musica classica, ma la gente, oramai affaticata, non si sognava minimamente di fermarsi e così non prestava ascolto ai disperati richiami del maestro. Solo alcuni si avvicinarono, suonatori a loro volta di qualche strumento, amatori di quel genere musicale ed infine qualche signore che allergico alle feste religiose, pur di non restare solo casa in tale occasione, trovava questa buona scusa per scendere in piazza. Pochi in verità e il maestro, dopo gli ultimi vani tentativi di richiamare qualche altro passante gesticolando, rassegnato si decise a dirigere la sua banda , ma non sapeva da quale pezzo cominciare e sperando di accontentare il pubblico chiedeva: «Volete Verdi o Bellini?» Alcuni rispondevano Verdi ed altri Bellini. Il maestro riproponeva il problema e la diatriba ricominciava «Decidetevi se no qui non si suona» fece osservare il maestro, ma il pubblico continuava ad essere discorde per cui alla fine si fecero votare le poche donne presenti le quali furono quasi tutte d’accordo per Verdi e in particolare proposero La marcia dell’Aida. Così si decise il tutto e finalmente la banda iniziò il suo concerto. Si continuò per tutta la durata del pezzo, poi i suonatori chiesero il permesso al pubblico di riposare. «Abbiamo bisogno di riprendere ‘’sciatu’’» disse il maestro «appena cinque minuti» Il permesso fu accordato. I cinque minuti passarono, poi i dieci ed anche i quindici e i pochi devoti cominciarono a spazientirsi. «Insomma si ‘’sona o nun si sona? Siemu stanchi maestru’’» reclamò uno spettatore. «Dobbiamo riprendere ‘’sciatu’’» insistette con fare sussiegoso ancora il maestro. «Ma insomma, è da quasi venti minuti che aspettiamo!» reclamò un altro gentiluomo. «Cosa volete? Noi siamo un’orchestra seria, veniamo dal teatro Massimo di ‘’Pailemmu’’e ci vuole la pausa e ‘’lu sciatu’’». Ci fu una gran risata quasi all’unanimità e una voce intimò: «Voi avete bisogno di ‘’sciatu’ e noi di sedie e se non vi decidete a suonare noi ce ne andiamo» Il maestro, impaurito da quella minaccia e temendo di restare senza pubblico, si decise a far suonare la sua ‘’orchestra’’ non prima però di interpellare di nuovo il pubblico «Dunque, cosa volete La Traviata o La gazza ‘’latra’’?» «La Traviata» rispondevano gli uni. «La gazza ladra>> reclamavano gli altri. «Insomma ,decidetevi!» riprese il maestro. «‘’ Sunati chiddu ca vuliti, basta ca sunati’’» intervenne repentino uno spettatore più giudizioso. «‘’Va bbeni pi La gazza latra’’?» Richiese il maestro non del tutto convinto a farla finire così «‘’Va bbeni e basta!’’». Finalmente il maestro prese posizione, ma proprio in quel momento si udirono i colpi che annunciavano l’inizio dei fuochi d’artificio e gli amatori e no amatori di musica, si precipitarono giù per il corso verso la piazza grande e la banda del povero maestro venuta chissà da dove, rimase sola a finire la sua ‘’Gazza latra’’. Alle tre del mattino tutto si acquietò e la gente tornò finalmente a casa a godersi il letto, però si era tanto divertita, ma proprio tanto e lo raccontò l’indomani ed anche il giorno dopo.
-
Commenti
Posta un commento