Roma e San Sosti: i luoghi del cuore
di Brunella Amoroso
Roma è la città che mi ha adottata quando ero una bimba di appena 10
anni. Una bimba che strabuzzava i suoi occhioni alla vista di tanta
meraviglia.
La foto che pubblico ritrae me all'interno dell'Anfiteatro Flavio.
La prima cosa che entrò nella mia testolina fu il dialetto romano che, con
la sua cadenza e le sue adorabili esternazioni, mi ha talmente affascinata dal
portarmi a scrivere poesie in vernacolo.
La città eterna, nonostante sia considerata tra le più belle al mondo, non è
riuscita però e mai riuscirà a togliermi quel sentimento di nostalgia che provo
ogni volta che penso alla mia bella terra natìa e soprattutto al mio adorato
paese. Un paese incastonato, come una perla tra le più preziose, nel meraviglioso
parco nazionale del Pollino: San Sosti.
Proprio qui ho trascorso gli anni più belli della mia giovinezza ed ancora
oggi è uno dei luoghi ove amo rifugiarmi. Ogni qualvolta mi reco nel mio
paesello, immancabile la mia visita in uno dei luoghi a me più cari, "Fra
Giuvanni". In questo luogo, da piccola, di nascosto seguivo il mio
carissimo nonno. Chiedevo a lui, insistentemente di portarmi in campagna, ma
puntualmente arrivava il suo rifiuto. Troppo esposta ai pericoli, visto che
spesso sulla sua strada facevano capolino dei serpentelli velenosi. Io,
testa dura, a volte lo seguivo e mi facevo scoprire all'altezza del ponticello
di legno (dove amavo saltellare). A quel punto nonno mi faceva proseguire con
lui. La mia mano stretta nella sua. Mi sentivo felice nel vederlo lavorare la
terra, accudire i maialini, raccogliere i frutti del suo duro lavoro.
"Fra Giuvanni" è la località in cui mi sembra di rivivere alcuni
momenti di vita, una vita gioiosa e spensierata. Mi soffermo e rivedo me
ragazza, i miei amici, i nostri picnic sul fiume, mi sembra ancora di sentire
le nostre fragorose risate. Rivedo la via Nazionale col suo
"struscio", il Comune punto di incontro e di gioco, il luogo sacro
della SS. Madonna del Pettoruto, la scalinata "du Bergu" ove
comodamente seduti intonavamo i nostri canti, il centro storico con le sue
"putighe", la "matricola" con i suoi flipper ed il
biliardino, il garage dove si ballava, il bar di Allegretti con il suo
juke-box. Persino la radio avevamo in paese, il cui speaker era uno dei miei più
cari amici d'infanzia. Era lui che ci faceva ascoltare le meravigliose canzoni
di quegli anni, canzoni seguite da dediche di innamorati/e o da parte di
anonimi/e. Anche io una volta, da anonima, dedicai una canzone.
Come non ricordare le gite al mare con gli amici, le gite in montagna. Il
cuore batte forte, quanti bei ricordi, quante belle persone, quanto mi manca
tutto ciò. Quel modo di vivere più rallentato, più umano.
Nella mia città di adozione, la vita scorre veloce e purtroppo mi lascio
travolgere da quella frenesia che provoca stress. Ho intrapreso, tra
l'altro, un lavoro faticoso, non proprio facile. Presto servizio nella
Polizia di Stato. Il mio è un lavoro che si deve amare, fatto di
turni, di festività quasi inesistenti, di sacrifici ma anche di tante
soddisfazioni. Sono quasi arrivata all'agognata pensione, manca meno di un
anno, sono stanca, ma posso affermare con certezza che non c'è altro lavoro che
avrei potuto svolgere con così tanta passione e dedizione. Tornassi indietro a
quegli anni, di sicuro mi arruolerei di nuovo, magari percorrendo altre strade,
cercherei di realizzare il mio sogno, la polizia scientifica.
Grazie Roma, grazie San Sosti, grazie a tutti quei luoghi e a quelle
persone che hanno fatto e fanno parte tuttora della mia vita. Una vita ancora
piena di sogni.
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